sabato 3 dicembre 2011

Perché un concorso sul Brutto

Il narcisismo dello scrittore è una piaga indiscutibile del cosiddetto mondo letterario. Soprattutto oggi che in Italia, dalle case editrici minuscole (a pagamento o meno) agli editori più prestigiosi, si pubblica praticamente qualunque cosa. A chi non è capitato di imbattersi in scritti, racconti, romanzi altrui, e sbellicarsi dalle risate scoprendo a che sublimi livelli di comicità può arrivare la vanagloria dell'ennesimo narcisista (spesso ignorante persino dei minimi rudimenti della lingua italiana) che si autodefinisce scrittore?

Ma questa inconsapevole e ridicola vanità, e l'impietoso gongolarsi dell'altrui mediocrità, non sono due mondi distinti, bensì profondamente correlati: chiunque scriva da un po' e con un minimo di onestà intellettuale sa bene quante e quali banalità sono dovute uscire dalla sua penna prima di buttare giù qualcosa di decente. È lo scotto da pagare ogni giorno per imparare a scrivere meglio. Dunque, quello che distingue gli scrittori mediocri da quelli di qualità è unicamente il senso del pudore, ovvero la capacità di scartare e lasciare nel cassetto la paccottiglia necessaria a crescere, e pubblicare invece, se e quando ce n'è, solo il materiale degno di essere letto.

Il problema è che tra il bello e il brutto, entrambi degni di essere letti (l'uno per valore letterario, l'altro per indiscusse capacità di suscitare la più viva ilarità nell'attonito lettore), vengono pubblicati innumerevoli scritti non sufficientemente belli o brutti, ma solo estremamente noiosi. Il brutto, esattamente come il bello, non è facile da raggiungere. Il brutto autentico ha in sé un raro mix tra inconsapevolezza e autoindulgenza, tra mediocrità e vanagloria, tra ignoranza e prosopopea che davvero in pochi sono in grado di partorire.

Facciamo qualche esempio per rendere l'idea:
  • Un classico è l'uso inconsapevole di cliché pensando di aver inventato qualcosa: in quanti ancora utilizzano la metafora volo/libertà con compiacimento e pretese di originalità come se non fosse stato mai scritto per esempio Il gabbiano Jonathan Livingstone?

  • Altro grande classico è l'emulazione sciatta dello stile Bukowsky: in quanti ancora pensano che scrivere frasi rozze e volgarità a caso sia automaticamente letteratura e si crogiolano nel genio e sregolatezza rivendicando pigramente la propria ignoranza e dunque guardandosi bene dal mettere in discussione la loro tecnica narrativa?

  • Per non parlare della retorica del dolore autobiografico: in quanti pensano che basti raccontare una vicenda drammatica che gli è capitata calcando la mano sulla tragedia per risultare interessanti? Convinti che basti raccontarla perché è la verità ed è forte di per sé ma di fatto infiocchettandola con mille barocchissimi e patetici fronzoli?
Ma potrei continuare all'infinito.
Quello che ci interessa in questa sede è creare un evento che dedichi finalmente spazio e attenzione al brutto più sublime e bistrattato; che porti alla ribalta le principali e più perseguitate vittime dello snobismo letterario e intellettuale; che premi pubblicamente e renda dunque il giusto merito e la dovuta gratitudine a questi rari e meravigliosi artisti dell'ignobile, gli unici al mondo realmente capaci, grazie alla loro sublime mediocrità, di distrarci dalla nostra mediocrità qualsiasi.

Carolina Cutolo

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