lunedì 10 settembre 2018

3° classificato: Carmelo Pecora con Aicha la tunisina

Terzo classificato della V edizione del concorso letterario Il Racconto Più Brutto, vincitore pertanto della coppa riciclata da altro concorso gentilmente offerta dal nostro sponsor il Corso di Scrittura Noiosa a cura della rivista Rancori diretta da Gianluca Cicinelli

Carmelo Pecola
Aicha la tunisina
- 33 voti -



Una bellezza da lasciare senza fiato, occhi nerissimi, un viso che qualunque pittore vorrebbe dipingere per renderla immorale.

Una gnocca spaziale, in poche parole.

Tutto è apposto in lei.

Sotto il vestito credo molto di più.

Ha il capo basso.

Timidezza o soggezione del padre che l’accompagna?

Non mi guarda ma sarà costretta a farlo tra poco, mi dirà perché è entrata qui.

L’ufficio denunce della Squadra Mobile ha il suo fascino.

Cosa mai sarà successo?

È magrebina, dal colore della pelle non sbaglio.

Il suo viaggio nel nostro mondo sarà appena iniziato. Ha abbandonato le sue tradizioni le sue abitudini.

L’uomo che la accompagna, non è né alto né basso né grasso né magro, né giovane né vecchio, quasi insignificante, baffetti incastonati in un viso invecchiato precocemente e bruciato dal sole.

“Ecco il solito padre-padrone”.

Lo tengo per me.

Bella lei!

Non ha però il tipico abbigliamento nordafricano.

Il suo sarà stato un viaggio lungo e pieno di speranze.

Però, si sta subito inserendo. Un velo rosa e abbastanza trasparente le copre le spalle, i capelli nerissimi non sono coperti, come di solito.

Una bella scollatura mostra due tette da favola.

Si, decisamente molto integrata, la ragazza.

Li faccio accomodare davanti a me.

La scritta Ispettore “Pecorella” troneggia nella scrivania, così non perdo tempo con le presentazioni.

La suddetta scrivania non è proprio un modello di ordine, ma sono il capo e questo basta.

Alle mie spalle il calendario della Carfagna, un po’ vecchio, è lì a far capire che nella vita tutti possono avere delle opportunità. Se poi hai due belle tette e un gran culo, ancora meglio.

Faccio segno ai due di aspettare, di certo non parleranno la mia lingua e devo informarmi se all’ufficio stranieri c’è l’interprete.

Mi assento di qualche passo per telefonare lei, per la prima volta, solleva leggermente le ciglia, ma è un attimo, un battito di ali che battendo potrebbero causare un terremoto da un’altra parte del mondo.

L’interprete non c’è…

Farò da me, del resto un po’ di francese a scuola lo studiato ed ero bravo pure in italiano se avrebbi potuto avressi continuato gli studi.

Ma la polizia devo dire che mi ha aiutato molto.



Tra poco chiederò il suo nome, magari sarà AICHA, amo questo nome.

Ad averlo scoperto prima lo avrei imposto a mia figlia, sfidando magari genitori e concittadini legati alle tradizioni, e magari contraddicendo mia moglie.

La guardo, ancora. È a pochi metri da me, è “rustica”, un po’ di peluria si nota sul suo giovane volto, ma cosa vuoi che sia.

Ma adesso è tempo di lavorare…

-Bongiur comme savà?

Ecco in tutta la mia potenza le lezioni di francese.

La mia maestra, se potesse sentirmi, sarebbe orgogliosa di me. Ma è morta, poverina.

La ragazza alza un po’ gli occhi e anche suo padre fa la stessa cosa.

Mi guardano straniti.

Ripeto il saluto.

-Bongiur comme savà?

E aggiungo…

-Chesche vou voulè?

Meglio di così non potrei fare.

Assumo un’aria interrogativa, come a dire…avete capito?

Loro mi riguardano e mi fanno cenno di non aver compreso.

A questo punto in lingua nostrana dico:

-Scusate non abbiamo l’interprete, capite cosa dico?

Lei, voce soave, va beh non proprio soave, mi dice:

Un pochinu la capimu…

Ma…di dove siete?

Semu de Roccacannuccia, avemu persu li documenti e iu e lu me maritu vorremmu fari la denunzia.

Attrimenti se ci controllanu li carrabbineri mancu lu pulmanne putimu pijari.



Faccio segno con la mano di aspettare e…

Nicotraaaaaaa, vieni subito qui e prendi la denuncia a questi due, io ho da fare!

Tunisina, Aicha, Bellezza, Gnocca.

Mavafanculuuuu

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