martedì 23 aprile 2013

Terzo Classificato - L'esistente inesistente

Per una comprensione più completa del racconto, che oltre a classificarsi terzo ha vinto il PREMIO DELLA CRITICA, vi invitiamo a leggere, in coda, la recensione del critico letterario Frank Solitario.


Gino Sallustri – L'esistente inesistente



La cantina era buia e fredda le scale scivolose e scoscese, ma nonostante l’angoscia mi bloccasse dovevo farmi forza dovevo scendere giù e cercare quelle foto che raccontavano il nostro amore.
Cercai l’interruttore la lampadina fece un rapido flash per un momento tutta la stanza s’illumino poi ripiombò nel buio, “cristo” esclamai in preda a un furore indicibile perché perché tutto era contro di me; rifeci alla svelta i tre scalini appena scesi mi diressi verso il canterano all’entrata, aprii il primo cassetto e afferrai la torcia. Corsi nuovamente verso la cantina con la torcia accesa, al terzo scalino già il buio mi avvolgeva precipitandomi in una morsa ghiacciata di pensieri terribili, solo la torcia con il suo flebile cono di luce mi impedi di accasciarmi per terra in preda alla disperazione.

Arrivai giù fra vecchi scatoloni mobili in disuso giocattoli appartenuti a chissà chi e dipinti di mia nonna, la mia cara vecchia nonna che aveva sempre creduto nel nostro amore, che l’aveva immortalato in uno dei suoi quadri più belli durante quella gita al lago di Garda. La mia cara vecchia nonna che ti aveva amato come una nipote, anzi di più come una figlia. Agredii il primo scatolone che mi si parse innanzi, cercai di sfilare il nastro adesivo che lo sigillava, prima con le dita poi con le unghie poi furioso cercai di addentarlo, ma il nastro resisteva, nello sforzo di tenere il grosso peso vicino alla bocca caddi a terra lasciando scivolare la torcia due metri più in là. Mi rialzai recuperai la torcia e con più calma riuscii a scollare il nastro, scostai le lingue di cartone ma dentro c’erano solo vecchie pentole e assortiti utensili da cucina, imprecai e continuai a cercare. Dopo aver aperto altri innumerevoli scatoli che contenevano altri scatoli che contenevano buste che avvolgevano oggetti diversi e inutili finalmente trovai il nostro album quello che raccontava la nostra storia.Come puoi dire che io non ti ho mai amato se solo tu hai dato senso ai giorni miei, come puoi rivolgerti a me con tutto questo biasimo con questa acredine quando un tempo nemmeno troppo lontano anelavi ad esser la madre dei miei figli. Come posso continuare a vivere se l’unica persona che ho amato afferma di non esser mai stata amata, così vano è dunque il mio amore così inutile il mio sentimento così amara la mia cura. Ma ora ho l’album, l’album della nostra storia con la gita al lago le cene con gli amici le estati nei resort di tutto il mondo. In quelle foto tra quegli sguardi tra i nostri abbracci tra sorrisi ricambiati e occhiate d’intesa io potrò ricordare d’avere amato e di essere stato ricambiato. Salgo su tenendo il prezioso cimelio ben stretto nella mano destra mentre con la sinistra impugno la torcia facendomi luce tra gli scatoloni aperti e il loro contenuto riversato per terra, faccio gli scalini a due a due, ho un magone forte che mi stringe al petto per placarlo stringo il mio tesoro tra le braccia, lasciando cadere la pila ancora accesa mi lascio cadere in ginocchio sollevo la copertina, sulla prima pagina c’è una dedica, sicuramente la tua, anche se non riconosco la grafia. Comincio a sfogliare ma l’orrore mi investe come un treno merci lasciandomi muto sordo e nudo, nessuna foto, nessuna neanche un ritaglio un negativo una diapositiva, nulla, niente di niente, la stanza comincia a girare tutto diventa grigio poi tutto diventa nero e prima che l’ultimo respiro esali io comprendo, comprendo di non aver mai amato e di non essere mai esistito.


Recensione

Gino rappresenta lo scrittore che, inconsapevole della propria totale mancanza di mezzi linguistici, si lancia a capofitto nella narrativa come Bocelli alla guida di un deltaplano a motore. Mancanza di punteggiatura, trama da ergastolo, a tratti sfiora il sublime nel suo impeto violento che intende rappresentare fedelmente i sentimenti del protagonista e pensi quasi che…no invece, il racconto è veramente pessimo.
Lo testimonia il titolo, ossimoro pretenzioso per quanto vuole stupire e spiegare quello che non si può capire, ma che si deve solo osservare: l’infamità.


Frank Solitario

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