lunedì 10 settembre 2018

5° classificato: Savino Tammaccaro con La mano si riconosce sempre

Quinto classificato della V edizione del concorso letterario Il Racconto Più Brutto

Savino Tammaccaro
La mano si riconosce sempre
- 25 voti -

Dopo anni di romanzi ero stanco delle cose che scrivevo, mi sembravano sempre più tutti uguali, ero pronto e deciso a cambiare genere, non ne potevo più di storie d’amore incompiute e allora decisi che da quel giorno sarebbe iniziato il mio periodo dark con punte di horror. Decisi di cominciare dal romanzo di uno zombie, visto che andavano molto di moda in quel periodo. Uno zombie che si risvegliava trent’anni dopo la sua morte e andava in giro a spaventare gli abitanti della piccola cittadina di Marevolo dove aveva vissuto. La città era incredibilmente uguale a come l’aveva lasciata trent’anni prima e così decise di partire con le case delle persone che aveva odiato trent’anni fa. Cominciò dal suo vecchio professore del liceo che per non rovinargli la media gli metteva quattro (sempre così diceva).
Arrivò a casa sua ma non lo trovò: doveva essere morto da un bel pezzo, perché era già molto vecchio trent’anni prima e quindi proseguì. Decise allora di passare dall’odiatissimo Marco Belda, il classico bullo della scuola che l’aveva vessato per anni, ma anche lui non c’era, doveva essere emigrato al nord per lavoro, chissà da quanto tempo. Decise allora di far visita al parroco della chiesa di San Rocco, quel maledetto prete costringeva tutti ad andare a messa: chi non va a messa non può giocare a pallone. Ma anche lui non c’era, chissà, forse era stato trasferito in qualche altra parrocchia ma non aveva voglia di mettersi a cercare. Insomma, la città era uguale esteriormente ma all’interno era cambiata completamente. Quando sei morto è difficile rendersi conto di quanti siano trent’anni. Fu proprio in quel momento che incontrò Martina, il suo unico e vero amore. Avrebbe dovuto sposarla e invece… invece s’era messo di mezzo quell’orrendo incidente e lui se n’era dovuto andare proprio sul più bello. Era bella ancora Martina, il volto scavato dalle rughe ma era ancora radiosa, gli occhi le ridevano, proprio come trent’anni fa. Si nascose dietro un cespuglio per non essere visto, non era certo che lei l’avrebbe riconosciuto conciato com’era. Lei camminava mano nella mano con una bimbetta di non più di cinque anni, doveva essere sua nipote pensò. Così si dev’essere sposata e deve aver avuto anche dei figli che hanno avuto dei figli a loro volta… il tutto senza di lui, pensò. E pianse. Pianse amare lacrime per quello che avrebbe potuto avere e invece non aveva avuto, il tutto per uno stupido, fottutissimo incidente. Si asciugò le lacrime e corse a perdifiato, lontano lontano da Marevolo e mai più vi rimise piede. Terminato il romanzo lo rilessi per la prima volta dall’inizio alla fine. Riletto insieme non sembrava affatto la svolta dark che avevo deciso di prendere. Fu così che mi resi conto di una cosa ineluttabile: la mano mia aveva ormai preso il sopravvento sulla mia testa e non c’era modo di farla andare dove volevo io che andasse. Fui molto contento in realtà dell’imprevisto risultato e fu così che la mia svolta dark finì ancor prima di cominciare ma mi lasciò in eredità un gran bel romanzo.

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